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DORMI STANOTTE SUL MIO CUORE: parlare non serve davvero


"Shtepia" è una parola albanese che significa casa, ma anche famiglia. Ed è proprio questa che Fede scrive su un post-it e attacca alla fronte di Mia. Chi sa dire veramente com'è una persona? Chi sa dire esattamente cosa sta pensando oppure se è davvero buona come pensiamo? Nessuno. Ci dobbiamo fidare solo di noi stessi. E Mia è quello che cerca di fare nel corso degli anni inseguendo il suo fratellastro scomparso non si sa dove. Fede era albanese e i suoi genitori lo avevano adottato all'età di tredici quando la protagonista ne aveva dodici. Lui non parlava. Era rinchiuso nel suo mutismo selettivo. Ma alla fine piano piano in lui cresce la voglia di esprimersi con Mia che gli impartisce lezioni di italiano. La sceglie come confidente e la tiene stretta a sè durante le notti di temporale. Bisogna riuscire a distinguere la verità dalle false credenze dovute all'opinione pubblica.

Sembra facile penserete. In realtà è molto più difficile di quanto si possa immaginare. Non tutti abbiamo un'autostima tale da fidarci noi stessi nel dare un'opinione veramente positiva a qualcuno e mantenerla dall'inizio alla fine. Basta un'incertezza che faccia crollare tutto il castello di carte che si era costruito.


I personaggi sono descritti in maniera talmente reale che se vedessi spuntare fuori la protagonista nella vita reale non mi stupirei. Mia ha un carattere davvero particolare. Dopo la scomparsa di Fede non riesce più a fidarsi facilmente di qualcuno anche in seguitp alla scoperta della sua "malattia": l'afefobia. Cos'è? In pratica una persona si rifiuta di toccare qualcun altro per paura di prendersi i germi. Non fraintendete lei aveva una forma particolare. Non poteva toccare nessuno che sennò sentiva un dolore fisico, un bruciore tale che le sembra di andare fuoco. L'arrivo della Fefo è coincidente con la scomparsa del suo fratellastro. Infatti i dottori dicevano che era dovuta ad un trauma. Fede. Lui? Silenzioso, ma dalle mille parole. Strano direte non parla. No infatti, ma molte volte le parole sono un'eccesso. Non serve dare sfogo alla propria voce quando puoi comunicare anche stando in un rigoroso mutismo. Basta solo trovare la persona giusta pronta a capirti e ad ascoltarti nonostante tutto. E Mia era lì pronta ad aiutarlo e non a darlo come un caso perso. Infine c'è la migliore amica della protagonista. Non ha la sua età, bensì è la sua maestra delle elementari. Insolito vero? Ma una presenza assolutamente divertente e importante. Lei possiede un quaderno dove tiene frasi disconesse, ma con una logica. Grazie a queste riesce a consigliare al meglio Mia che si sente meglio dopo aver parlato con lei.


La fine è stata frettolosa, ma quella sperata, penso, da tutti i lettori. Ho apprezzato particolarmente questo libro per la maniera del ricreare le emozioni umane di Enrico Galiano. Ha la capacità di farle sembrare così realistiche. Ve lo consiglio perchè è bello, troppo. Mi ha colpita e mi ha tenuta incollata alle pagine per tutta una sera. E si, l'ho finito in poche ore. Infatti lo rileggerò perché merita, merita tantissimo. Perciò leggetelo!

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