E' inutile fare tanto gli straordinari, perché tutti noi abbiamo vissuto un periodo della nostra vita in cui, anche se non vogliamo ammetterlo e cerchiamo di nasconderlo dietro
una maschera di spigliata età adulta, siamo stati come Mary Lennox e io, dall'alto dei miei mille mila complessi, non sono certo da meno.
Ognuno di noi, probabilmente in quell'oscuro periodo di mezzo che va dai 9 ai 13 anni, ci siamo sentiti soli, sperduti in un mondo troppo grande per noi, troppo ostile e incomprensibile, ci siamo stati incastrati con violenza in quella realtà, tanto che tutto questo profondo disagio si è annidato in noi, come un grumo di veleno, facendoci ammalare di rabbia e apatia.
E la piccola (e odiosa) Mary Lennox è proprio questo: una bambina che, rimasta orfana e trasferita a forza dall'India all'Inghilterra per iniziare una nuova vita dal suo parente più prossimo, lo zio, cresce insopportabile e maleducata, mascherando la soffere
nza per la perdita dei genitori e per l'essere stata costretta ad andarsene dall'India con acidità e stizza, e strepitando e sbattendo i piedi, cerca in tutti i modi di farsi riportare a casa.
Ma la vita nella tenuta di Misselthwaite è tutt'altro che facile; Mary infatti, per natura ribelle e insofferente agli ordini, deve sottostare a molte regole e ad una governante che gliele farà rispettare in ogni modo.
Ma Mary non ha paura di niente, nemmeno di quel muro che nasconde un luogo nascosto a cui è proibito fare anche solo un accenno. Non ci vorrà poi molto prima che lei ci ficcherà il naso appuntito e quando aprirà le porte di quel giardino, niente sarà più come prima.
Bea
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